di Franco Sotgiu (Fotografie da internet)
Istanbul Maggio - Agosto 2013
Gezi Park proteste in Turchia
L'anno 2013 nei 3 mesi che vanno dal 28 Maggio al 30 Agosto, in Turchia
si svolsero una serie di manifestazioni contro il governo presieduto da Recep
Tayyip Erdogăn capo del partito islamico turco AKP (Partito per la
Giustizia e lo Sviluppo). Il suo governo ha iniziato nel 2011 ad imporre in
Turchia restrizioni alla libertà di stampa, di parola, dell'uso di internet,
dei contenuti delle Tv, di riunione. Ha vietato il consumo di alcol e l'aborto.
Ha reintrodotto il reato di blasfemia e ha riformato i programmi delle scuole
pubbliche mettendo in primo piano i principi islamici.
Il governo Erdogăn si caratterizza per il suo totale disprezzo nei
confronti della natura e dell'ambiente. Nella parte turca del Mar Nero vengono
create discariche di rifiuti, centrali nucleari, autostrade, fabbriche
fortemente inquinanti, dighe e sbarramenti nei corsi d'acqua che stravolgono
gli equilibri naturali. In quella situazione, attivisti e giovani si mobilitano
e iniziano una serie di proteste invitando la popolazione alla ribellione.
C'è anche il progetto governativo dell'eliminazione di uno dei
pochissimi spazi di verde presenti nella parte europea di Istanbul: il parco
Gezi. Al suo posto si vuole riedificare una copia in stile ottomano della
caserma militare Taksim, demolita nel 1940, questa volta non come caserma ma
come ulteriore regalo agli affaristi amici dell' AKP: al piano terra della
costruzione un grande centro commerciale e ai piani alti appartamenti di lusso
per gli amici degli amici.
Gezi Park - Istanbul |
Il 28 maggio 2013 un gruppo di ambientalisti monta tra gli alberi del
parco delle tende da campeggio con l'obiettivo di impedire alle ruspe il lavoro
di distruzione del verde.
Gezi Park - Tende contro le ruspe |
Due giorni dopo la polizia interviene in forze
tentando lo sgombero. Ma il tentativo fallisce perché molti altri cittadini dei
quartieri si recano nel parco installando altre tende e fronteggiando
pacificamente la polizia.
Il 31 maggio le forze di polizia in tenuta antisommossa attaccano i manifestanti assolutamente pacifici, usando i gas
lacrimogeni e i TOMA (camion con idranti), aggiungendo all'acqua urticanti
chimici, utilizzando massicciamente spray al peperoncino e sparando proiettili
di gomma. 60 manifestanti vengono arrestati e centinaia di altri vengono
feriti, alcuni gravemente.
Maggio 2013 Gezi Park - la polizia usa spray al peperoncino |
Maggio 2013 Gezi Park - la polizia usa spray al peperoncino |
Maggio 2013 - TOMA all'opera - all'acqua hanno aggiunto urticanti chimici |
Le immagini dell'attacco iniziano a circolare in internet provocando
l'indignazione di molta parte della popolazione in tutta la Turchia, migliaia
di abitanti di Istanbul raggiungono i manifestanti che ora oltre a Gezi Park
occupano anche le adiacenti viale dell'Indipendenza e piazza Taksim. Iniziano
le manifestazioni in tutto il resto della Turchia ad Ankara, Antalya, Smirne,
Antakia,
La polizia interviene brutalmente in tutto il Paese e alla fine della
protesta si contano 11 morti, più di 8.000 feriti, vengono arrestate più di 1.000
persone tra le quali anche medici, soccorritori e avvocati che assistevano i
dimostranti.
Istanbul 2013 - manifestanti a Gezi park e piazza Taksim |
Istambul 2013 - Piazza Taksim attacco della polizia
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Ayşe Deniz Karacagil
In prima fila tra le decine di migliaia di ragazzi e
ragazze che in quei giorni parteciparono alle proteste, c'era una ragazza turca
di vent'anni. Una ragazza coraggiosa e piena di vita che combatteva per salvare
quegli alberi centenari che un governo corrotto voleva abbattere consegnando il
parco alla speculazione. Ma combatteva con generosità anche per tentare di
cambiare le sorti della sua gente e per chiedere la libertà per il popolo
curdo, per liberarlo dalle angherie del regime di Erdogăn.
Ayşe Deniz Karacagil nei giorni della protesta a Gezi Park |
Quella ventenne si chiamava Ayşe Deniz Karacagil ma già da
quei giorni di lotta per le strade di Istanbul iniziarono a chiamarla "Kirmizi
fularli" Cappuccio rosso, per via di una sciarpa rossa che teneva al collo
durante le manifestazioni. Fu arrestata e imputata di danneggiamento della cosa
pubblica, tipica accusa contro i manifestanti quando la polizia non ha altri argomenti.
Ma Ayşe venne imputata, cosa ben più grave, anche di
terrorismo. I pubblici ministeri non disponendo di accuse serie per tenerla in
prigione, sostennero che nelle foto in loro possesso, scattate dai poliziotti, Ayşe aveva intorno al collo una sciarpa rossa,
rossa come il colore simbolo del socialismo e siccome quel colore era il colore
del MLKP (Partito Comunista Marxista-Leninista) dichiarato illegale dal regime perché
solidarizzava con l'YPG Unità di Protezione Popolare, in curdo "Yekîneyên Parastina Gel".
Di conseguenza, secondo i PM, la ragazza era militante di una
organizzazione terroristica. A poco servirono le difese della ragazza che
sostenne di avere indossato la sciarpa per difendersi dai gas lacrimogeni e dallo
spray al peperoncino.
La tennero in detenzione senza processo per 5 mesi in un carcere a Antalya,
città dove era nata e la rilasciarono per presentarsi in tribunale per il
dibattimento.
In quei giorni venne intervistata in Tv dal canale CNN Türk in prima serata aumentando
considerevolmente la sua popolarità.
Alla fine del processo venne condannata a 103 anni di prigione e spedita solitaria
e isolata in un carcere a 100 Km dalla sua città, lontana da CNN e giornali.
Sbattuta in una cella comune insieme a tredici detenute curde condannate
all'ergastolo per appartenenza al PKK, il partito dei lavoratori del Kurdistan
considerato terrorista dal regime. Il personale del penitenziario la considerava
una detenuta esterna e in quanto tale le negava le cose più elementari per la
vita in cella. Nella notte, senza lenzuola e coperte, il freddo intenso la
faceva tremare e una detenuta curda tagliò in due l'unica coperta che aveva per
permettergli di coprirsi. Fu in quell'ambiente di forte disagio e di
discussione ideologica che la lotta dei curdi infiammò il suo romanticismo, in
cella parlando con le detenute curde, prese coscienza della persecuzioni subite
dalla minoranza curda in Turchia, uguale a quella subita dagli armeni il secolo
scorso.
Nel Febbraio del 2014, dopo 9 mesi di prigione, un giudice ne ebbe
pietà e la fece rilasciare con la condizione che restasse a disposizione
dell'autorità giudiziaria presentandosi ogni tanto alle forze di polizia.
Ayşe non si presento mai più.
Il 20 Maggio del 2014, la madre compiva gli anni. Cappuccio rosso le
mandò una lettera nella quale raccontava la triste vita dei curdi e delle
persecuzioni che subivano, "bisogna abbattere i muri invisibili tra turchi
e curdi" scrisse. Era cresciuta in una bellissima città: Antalya (Adalia),
una scogliera nel Mediterraneo color turchese circondata dalle montagne e
scelse di scappare sulle montagne del Kurdistan e unirsi alla brigata delle
donne curde combattenti al fianco delle Unità di protezione popolare (YPG). Per
moltissimi giovani turchi ed europei, Cappuccio Rosso divenne il simbolo delle
ribellione e della vittoria degli ideali, ma concretamente rappresentò anche
l'altruismo: una donna turca che si batteva coi curdi, i nemici del governo di
Ankara.
Qualche mese di addestramento militare e Ayşe,
integrata nelle file della brigata femminile dell'esercito popolare curdo ebbe
il battesimo di fuoco a Kobane nel Kurdistan Siriano, vicina al confine con la
Turchia dove la popolazione resistette eroicamente
all'avanzata dell'ISIS ricacciando indietro le forze dello stato islamico.
Dopo quella vittoria leggendaria, l'YPG continuò la battaglia in Siria contro
Daesh al fianco delle Forze Democratiche Siriane.
Ci sono molte foto in internet che ritraggono Ayşe
con la tuta mimetica e il kalashnikov in spalla, a volte con altre ragazze e a
volte con combattenti dell'YPG, facce indurite da battaglie crudeli e
sanguinose. Per i jihadisti dell'ISIS, quelle ragazze combattenti in
particolare, rappresentavano il più grave affronto al loro fanatismo religioso.
Ayşe Deniz Karacagil cadde combattendo il 29 maggio del 2017,
esattamente quattro anni da quel 29 maggio del 2013 che l'aveva fatta conoscere al
mondo come Cappuccio Rosso di Gezi Park. Aveva 24 anni, una vita breve, ma piena
di ideali.
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Hanno scritto di Ayşe in Italia:
Dacia Maraini il Corriere della Sera 2 giugno 2017
Zerocalcare
Roberto Vecchioni - Cappuccio Rosso Album l'infinito 2018 per sentirla e per il testo:
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