venerdì 29 agosto 2014

Robinson Jeffers - Hurt Hawks (Falchi Feriti)





 Robinson Jeffers
(Allegheny City, Pennsylvania, 10 gennaio 1887 – Carmel-by-the-Sea, California, 20 gennaio 1962) Poeta, ecologista U.S.A.










Hurt Hawks

I
The broken pillar of the wing jags from the clotted shoulder,
The wing trails like a banner in defeat,
No more to use the sky forever but live with famine
And pain a few days: cat nor coyote
Will shorten the week of waiting for death, there is game without talons.
He stands under the oak-bush and waits
The lame feet of salvation; at night he remembers freedom
And flies in a dream, the dawns ruin it.
He is strong and pain is worse to the strong, incapacity is worse.
The curs of the day come and torment him   
At distance, no one but death the redeemer will humble that head,
The intrepid readiness, the terrible eyes.
The wild God of the world is sometimes merciful to those
That ask mercy, not often to the arrogant.
You do not know him, you communal people, or you have forgotten him;
Intemperate and savage, the hawk remembers him;
Beautiful and wild, the hawks, and men that are dying, remember him.


II
I’d sooner, except the penalties, kill a man than a hawk; but the great redtail
Had nothing left but unable misery
From the bones too shattered for mending, the wing that trailed under his talons when he moved.
We had fed him for six weeks, I gave him freedom,
He wandered over the foreland hill and returned in the evening, asking for death,
Not like a beggar, still eyed with the old
Implacable arrogance. I gave him the lead gift in the twilight. What fell was relaxed,
Owl-downy, soft feminine feathers; but what
Soared: the fierce rush: the night-herons by the flooded river cried fear at its rising
Before it was quite unsheathed from reality.




Falchi Feriti

I
L’osso spezzato dell'ala sporge dalla spalla incrostata,
l’ala è trascinata come un vessillo sconfitto.
Non scorrazzerà più nel cielo ma dovrà convivere con la fame
e nel dolore per giorni: gatto non coyote.
Accorceranno la settimana aspettando la morte, non c'è preda senza artigli.
Aspetta sotto il cespuglio di quercia
i piedi della salvezza zoppi; di notte ricorda la libertà
e in sogno vola; l'alba rovina tutto.
Egli è forte e per i forti il dolore è peggio, peggio l'incapacità.
Di giorno i randagi vengono a tormentarlo
da lontano, solo la morte redentrice gli farà chinare il capo,
la prontezza intrepida, gli occhi terribili.
Il dio selvaggio del mondo talvolta è misericordioso verso coloro che chiedono
misericordia, raramente con gli arroganti.
Voi non lo sapete, voi gente comune, o l’avete dimenticato;
indomabile e feroce, il falco lo ricorda;
bello e selvaggio, i falchi e gli uomini che stanno morendo lo ricordano.


II
Preferirei, salvo le conseguenze, uccidere un uomo che un falco; ma al grande codirosso
non restava altro che impotente miseria
l'osso troppo frantumato per guarire, l'ala che trascinava sotto gli artigli quando si muoveva.
L’avevamo nutrito per sei settimane, poi gli ho dato la libertà,
vagò oltre le colline del promontorio e tornò la sera, chiedendo la morte
non come un mendicante, negli occhi c'era la vecchia implacabile arroganza.
Gli ho dato il regalo del piombo nel crepuscolo. Ciò che cadde era languido,
gufo lanuginoso, morbide piume femminili; ma quello che
si librò, il guizzo impetuoso: gli aironi notturni lungo il fiume in piena gridarono  di paura quando  si levò,
prima che fosse abbastanza spogliato dalla realtà.



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