Boletus permagnificus Pöder
Ambiente, piante, orchidee, fiori, funghi di Sardegna, fotografia, racconti, poesie, pitture, storie.
venerdì 31 agosto 2012
giovedì 30 agosto 2012
Tuvara, ovvero Agaricus , Erica, Terfezia ......
Voglio tornare sull’argomento dei nomi dei funghi e della necessità da
parte di tutti dell’uso del nome scientifico: Genere specie, adottati anche
in micologia.
Lo voglio fare con il racconto di una discussione
avvenuta qualche tempo fa in una radura di un bosco nei monti di Desulo.
Con alcuni amici, armati di fotocamera digitale e di cestino, organizzammo
un’escursione micologica nei boschi misti di castagno, leccio e roverella siti
alle pendici del Gennargentu.
Dopo diverse ore di cammino, con molte foto nella
scheda e pochi funghi nel cestino, decidemmo di fermarci vicino a una sorgente
cercando un po’ di riposo e un po’ di refrigerio.
Sopraggiunsero alcuni ragazzi desulesi e parlando del più e del meno iniziò
un discussione sui funghi che cerco di ricostruire.
Uno dei ragazzi di Desulo ci chiede se eravamo a funghi e se avevamo controllato la tuvara perché
diceva, aveva saputo da amici che solo la
tuvara in quei giorni dava soddisfazioni.
Giuseppe, un amico del mio gruppo, fu il primo a rispondere dicendogli che
era vero, che in quei giorni la tuvara
era spuntata abbondante, ma non in quei posti, - non era il bosco l’ambiente
adatto ma il pascolo, anche brullo, e molto più in basso come altezza - (lì
eravamo a quota 1200 m).
Trovandomi coinvolto non potevo evitare di entrare
nella discussione.
Cercai di venire a capo della discussione.
Giuseppe, il mio amico pur non essendo un grande esperto, era comunque uno
che di funghi ne sapeva.
Ne sapeva cercare e trovare e per molte specie ne
conosceva anche il nome scientifico.
A lui mi rivolsi per primo: -“ mi vuoi dire qual è il nome scientifico
della tua tuvara?”- risposta:“non so
la specie ma è risaputo che la tuvara
è un prataiolo, quindi il genere è Agaricus”.
A quelle parole il ragazzo desulese con un sorriso
dice: ”ma io non stavo parlando di tuvara
fungo ma di tuvara pianta cioè dell’Erica”.
Ecco, parlava dell’Erica arborea che a Desulo e dintorni è chiamata tuvara e in mezzo alla macchia ad Erica
spesso è possibile trovare bellissimi Boletus
aestivalis.
A quel punto, anch’io non potei fare a meno di informarli
che parlavo di tuvara intendendo un fungo ipogeo del genere Terfezia (Terfezia
leonis, Terfezia leptoderma etc.) che viene chiamato tuvara in tutte
le zone di crescita.
Risolto l’arcano.
Parlando di tuvara,
parlavamo di tre cose diverse.
Eravamo un gruppetto di sei persone, immaginatevi se
fossimo stati in cinquanta e provenienti da altre sparse zone della Sardegna:
avremmo scoperto molte altre tuvare.
Agaricus spissicaulis (la tuvara di molte parti dell’isola)
Erica arborea (la tuvara di Desulo e dintorni)
Terfezia leonis (la tuvara dell’oristanese)
martedì 28 agosto 2012
Flora sarda da proteggere: Centaurea horrida
Centaurea horrida è un rarissimo endemismo sardo, presente solo in pochissimi siti costieri dell'isola dell'Asinara, della Nurra e dell'isola di Tavolara.
Considerata un "fossile vivente", e comparsa sul nostro pianeta circa 30 milioni di anni fa.
Considerata un "fossile vivente", e comparsa sul nostro pianeta circa 30 milioni di anni fa.
Isola dell'Asinara - Cala di la navi
Centaurea horrida
sabato 25 agosto 2012
I cronisti della stampa sarda e il “porcino reale”
“Nomina si nescis, perit et cognitio rerum”
Se non conosci il
nome delle cose,
se ne perde anche la conoscenza.
C. N. Linnaeus,
Philosophia botanica (1751)
Capita troppo
spesso di incontrare nella stampa sarda articoli sui funghi che contengono
informazioni grossolanamente errate sui nomi dei funghi che inducono i lettori, che poi
quasi sempre sono cercatori e consumatori, a commettere errori.
Nella nostra Regione,
ad esempio, da parte di molti cronisti dei quotidiani isolani c’è la
consuetudine di pubblicare notizie di ritrovamenti di funghi di notevoli
dimensioni e peso. Dalle foto che accompagnano gli articoli, si può desumere
che spesso si tratta di basidiomiceti appartenenti al genere Boletus.
Nulla di male, anzi a molti di noi fa piacere
vedere pubblicate notizie di questo genere piuttosto che altre di cronaca nera.
E allora qual
è il problema? Beh il problema, se così lo possiamo definire è che a nostro
parere tali cronisti sbagliano a dare tutte le volte al fungo ritrovato il nome
di “porcino reale”.
Dalle foto
che accompagnano gli articoli, tra l’altro non sempre chiare, ho potuto dedurre
che questo fantomatico “porcino reale”
è di volta in volta un fungo di specie differente appartenente alle sezione
Edules del genere Boletus; mai ho visto negli articoli la
foto dell’unico basidioma del
genere Boletus che abbia davvero attinenza con la parola “re” dalla quale deriva poi l’epiteto “reale”: tale fungo è Boletus regius che appartiene alla sezione
Appendiculati i cui funghi sono
considerati dal punto di vista culinario (ma qui naturalmente la questione si
fa del tutto soggettiva) un gradino
inferiori rispetto a quelli della
sezione Edules.
Dal momento
che i Boletus della sezione Edules presenti in Sardegna sono tre (Boletus aereus, Boletus aestivalis e Boletus edulis) credo che non sia così poi complicato o dispendioso
per un cronista avere a disposizione un semplice e divulgativo testo sui funghi
anche di tipo generalista, cosa che gli consentirebbe di dare al fungo in
questione il giusto nome. E se proprio non può o non vuole spendere in libreria
la modica cifra di 15 Euro per acquistare ad esempio “Tuttofunghi” testo di
riferimento di A.M.I.N.T. (Associazione Micologica Italiana Naturalistica
Telematica), può sempre collegarsi gratis a uno dei molti siti micologici su
internet e avere tutte le informazioni scientifiche del caso.
Tra l’altro
questa consuetudine di chiamare i basidiomiceti del genere Boletus “porcino reale” sta portando a pericolose
generalizzazioni. E’ successo anche a me di incontrare nel bosco un signore che
mostrandomi la sua raccolta dentro una bustina di plastica, affermava di avere
raccolto solo “porcini reali”: dentro
la busta ho contato quattro differenti specie di Boletus tre delle quali
tossiche o non commestibili.
Ecco che
torna utile allora le citazione di Carl
Nilsson Linnaeus che ho messo all’inizio
di queste righe. Chi se non il giornalista, sia esso della carta stampata o di
altro tipo di mezzo di comunicazione, può avere un ruolo anche didattico: quello
di far conoscere un elemento della natura a cominciare dal nome corretto. Tale
nome non può che essere il binomio scientifico inventato da Linneo,
appunto, col nome del genere e in
sequenza quello della specie.
Ecco gli esemplari delle specie trattate:
Boletus aestivalis
Boletus regius
Ecco gli esemplari delle specie trattate:
Boletus aereus
Boletus edulis
giovedì 23 agosto 2012
Nazim Hikmeth - Il più bello dei mari
Nazim Hikmet (Salonicco 1902 - Mosca 1963)
(è considerato uno dei più importanti poeti turchi - le sue poesie sono tradotte da Joyce Lussu)
Il più bello dei mari
è quello che non navigammo.
Il più bello dei nostri figli
non è ancora cresciuto.
I più belli dei nostri giorni
non li abbiamo ancora vissuti.
E quello
che vorrei dirti di più bello
non te l'ho ancora detto.
La torre di Babele
Pieter Bruegel il Vecchio - La Torre di Babele
(1563 - Kunsthistorisches Museum di Vienna, Olio su tavola 114 x 155 cm)
mercoledì 22 agosto 2012
martedì 21 agosto 2012
lunedì 20 agosto 2012
I funghi sardi del genere Terfezia - Tuvara in sardo
Terfezia leonis - (Tuvara 'e arena)
Un vecchio amico la scorsa primavera è stato in vacanza
in Marocco ed è rimasto sorpreso quando visitando la medina di Rabat si è
trovato di fronte ad una montagna di
patate che l’accompagnatore arabo gli diceva essere tartufi. Con un Sms mi ha
inviato una foto: erano davvero tartufi, o meglio erano quelli che vengono
chiamati “tartufi delle sabbie”, ascomiceti
che nascono sotto terra/sabbia (ipogei), appartenenti al genere Terfezia.
Proprio l’anno scorso, ho approfondito molto l’argomento con
studi bibliografici e pratici recandomi assieme al mio carissimo amico Umberto
Sanna, col quale tentiamo di tenere in piedi il Comitato Scientifico
dell’A.M.O. (Associazione Micologica
Oristanese) e ad un bravissimo cercatore di Palmas Arborea: Enrico
Contu, nei pochissimi spazi di crescita di questo ricercatissimo fungo.
Per quello che ho potuto constatare, in Italia, solo la
Sardegna, in particolare nella striscia
litoranea intorno alla città di Oristano, vanta una storia millenaria nella
ricerca e nell'uso ai fini alimentari della Terfezia e solo in queste zone le
varie specie di questo fungo ipogeo hanno assunto una denominazione dialettale;
molto comuni sono invece in diverse regioni dei Paesi del Nord Africa (Marocco,
Tunisia, Algeria), del Medio Oriente (Siria, Giordania, Turchia), nei Paesi del
Golfo Persico), della Penisola Iberica e delle isole e arcipelaghi spagnoli e
portoghesi (Baleari, Canarie, Azzorre etc.).
L'habitat
La Terfezia (Tuvara in sardo) si sviluppa nelle zone sabbiose vicine alla costa
e vive in rapporto micorrizico con alcune piantine della famiglia delle Cistaceae del genere Helianthemum, in particolare con Helianthemum
guttatum, Helianthemum aegyptiacum e Helianthemum guttatum var. plantagineum.
Terreno tipico di crescita
Periodo di crescita
Dal momento che tutte le Terfezie hanno uno stretto legame
di simbiosi micorrizica con Helianthemum,
è naturale che crescano in primavera quando la piantina simbionte si sviluppa e
fiorisce ed è in grado di interagire vitalmente col fungo.
Helianthemum guttatum - fioritura in Primavera
Quelle presenti nel territorio dell’Oristanese (da
Uras/Mogoro a Cuglieri/Santa Caterina) trovate in bibliografia, sono sei: io ho
avuto la possibilità di trovarne e documentarne quattro:
Terfezia leonis (Tuvara ‘e arena)
Terfezia leptoderma
(Tuvara leporina)
Terfezia olbiensis
(Tuvara orxiai)
Terfezia gennadii = Tuber
gennadii (Tuvara ‘e casu)
Ecco le foto:
Terfezia leonis (Tuvara ‘e arena)
Terfezia leptoderma (Tuvara leporina)
Terfezia gennadii = Tuber gennadii (Tuvara ‘e casu)
Terfezia olbiensis (Tuvara orxiai)
Le due che mi mancano sono Terfezia claveryi (Tuvara niedda) e Terfezia boudieri (Tuvara arrubia)
Come si raccolgono
Premetto subito che contrariamente a ciò che avviene per i
tartufi (genere Tuber), dove il ruolo principale è riservato ai cani ben
addestrati, nella raccolta della Terfezia, il ruolo dei cani è nullo.
Ciò è dovuto al fatto che i cani lavorano con l’olfatto e
sono abituati a percepire i forti odori emanati dai tartufi, mentre le Terfezie
non hanno quegli odori, o li hanno talmente tenui che i cani non li
percepiscono.
Lo scorso Aprile abbiamo fatto una prova con Pinuccio Pisu
(che non ha bisogno di presentazioni, tutti voi, o quasi, lo conoscete) e con i
suoi migliori cani da tartufo: Luna e Briciola (altrettanto conosciuti). Dopo
una passeggiata di chilometri sotto il sole, siamo tornati indietro a mani
vuote, nessuna Terfezia nel paniere.
I cercatori dell’oristanese, hanno perciò sviluppato negli
anni, per non dire nei millenni, sistemi di ricerca efficacissimi.
Il loro attrezzo comune è un particolare bastone lungo circa
130 cm,
che ha alle estremità i ferri del mestiere: da una parte uno spillone
di circa 15/20 cm
e dall’altra una sorta di paletta.
Il cercatore, camminando in mezzo alle piantine di Helianthemum, sonda il terreno con lo
spillone infilandolo nella sabbia per qualche centimetro. Il contatto del
metallo col substrato, trasmette alle mani vibrazioni e diffonde nell’aria
suoni diversi a seconda della compattezza dei granelli.
Enrico Contu al lavoro col suo prezioso bastone
Ecco, l’esperto cercatore riconosce dalle vibrazioni e dai
suoni la presenza o meno dei funghi.
Io ci ho provato, Enrico ogni tanto mi metteva in mano il
bastone, io tentavo di carpire qualche segnale, senza esito.
Una volta individuata la Terfezia (che di norma si trova a circa
10 cm di profondità), il cercatore usa
l’altra estremità, quella con la paletta e con mano esperta cava la Terfezia
fuori dal terreno.
Commestibilità
Le specie che ho documentato sono tutte commestibili e molto apprezzate nell’oristanese.
venerdì 10 agosto 2012
Tartufi sardi, questi sconosciuti
Vi sarà successo come è successo a me di sentire certe
persone molto intelligenti e molto bene informate, che di fronte ad un
interlocutore che parlava di cose inverosimili se non palesemente inesistenti ,
se ne uscivano con la frase ”si, come i tartufi sardi”, facendo comprendere
all’interlocutore che i tartufi sardi sono un miraggio, una cosa che non
esiste.
Mi è altresì capitato di sentire in Tv, in una seguitissima trasmissione di telequiz
una simpatica e sveglia signora nostra conterranea, che affermava con assoluta
sicurezza che in Sardegna i tartufi non nascevano.
Non credo che bisogna essere degli esperti biologi per fare dei ragionamenti che ci
aiutino ad evitare di fare sull’argomento affermazioni errate con la presunzione di essere nel
giusto. Se ragioniamo ad esempio sull’habitat dei tartufi “continentali” ci
possiamo tranquillamente rendere conto che lo stesso habitat lo troviamo in
estese zone dell’isola. Stessa vegetazione, stesso clima, spesso anche stessa
piovosità. Quindi se ci sono le stesse condizioni uno può ragionare sul fatto
che possono nascere anche le stesse specie naturali.
In effetti è così, anzi è anche meglio. In Sardegna nascono
tutte o quasi, le specie di tartufo che nascono in Europa. Concentrate in
un’unica regione e per quanto riguarda le specie commestibili, con il pregio di
avere profumi e gusto eccezionali.
Ma cosa sono i tartufi?
Sono funghi ascomiceti del genere Tuber. Il loro intenso
profumo è dovuto al sistema che hanno scelto per perpetuare la loro
riproduzione. Infatti, mentre i funghi che nascono sopra terra (epigei),
disperdono le spore nel terreno grazie
all’azione del vento e della pioggia, quelli che nascono sotto terra (ipogei),
devono trovare qualcuno che lo faccia per loro. Quando le spore sono mature,
sprigionano un forte odore che attira insetti e mammiferi che cibandosi del
tartufo provvedono alla dispersione delle spore.
Ecco, il forte odore assieme alle quasi sempre ottime
qualità organolettiche, hanno fatto la fortuna culinaria di questo fungo.
Aggiungiamoci
anche qualcos’altro: si dice che tartufi svolgano un forte stimolo afrodisiaco.
Questa convinzione viene da lontano, la sua origine risale al filosofo greco Plutarco di Cheronea, che spiegava
che i tartufi traevano origine da un fulmine scagliato da Giove, padre di
tutti gli Dèi, nelle vicinanze di una
quercia. Ne consegue che dal momento che Giove era noto per la sua prodigiosa
attività sessuale, una sua creazione: il tartufo, doveva per forza avere eccezionali
qualità afrodisiache.
Bene, sommiamole queste qualità: il forte odore, l’eccezionale gusto, la valenza afrodisiaca.
In questo modo ci possiamo rendere conto del perché tutti gli anni il magnate
cinese Stanley Ho, è disposto a spendere per un unico fungo, somme che vanno
dai 200 ai 300 mila dollari.
Tuber melanosporum del Sarcidano
Tuber aestivum dell'Ogliastra
domenica 5 agosto 2012
Quali tutele abbiamo in Sardegna?
Le orchidee
e in generale le essenze botaniche endemiche e non
esistono a livello Internazionale norme e
convenzioni accolte e adottate anche dallo stato italiano:
- C.I.T.E.S. - Convenzione di Washington sul commercio internazionale delle specie di
fauna e flora selvatiche minacciate di estinzione
- Direttiva Habitat CEE relativa alla conservazione degli habitat
naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche.
Quasi tutte
le regioni italiane hanno approvato leggi e regolamenti atti a proteggere le
specie a maggiore rischio, la regione Sardegna non è tra queste.
Ecco perché
in Sardegna può succedere di vedere:
-
“signori” che magari arrivano dall’estero che
prelevano (rubano) specie endemiche e/o rare
- signori
e signore che prelevano mazzolini delle stesse specie
- imprese
che nei luoghi dove quelle specie crescono e si dovrebbero riprodurre, usano
diserbanti distruggendole
e di non vedere:
- proteggere
le specie a forte rischi di estinzione in quanto sono presenti solo pochissimi
esemplari.
I Funghi spontanei epigei ed ipogei
esiste in Italia una legge quadro che
è la Legge 23 agosto 1993, n. 352.
A partire da tale data, tutte le regioni
che non avevano ancora una normativa regionale hanno leggiferato sulla materia
e si sono dotate di strumenti idonei.Tutte le regioni esclusa una: la
Sardegna.
Puntualmente, a inizio legislatura,
vari gruppi politici, spontaneamente, o con lo
stimolo di associazioni, sindaci o intere amministrazioni comunali,
presentano proposte di legge sul tema. Ma sempre puntualmente, la legislatura
trascorre senza che neanche una di tali proposte venga portata alla discussione
in Consiglio Regionale.
Negli ultimi anni, però, qualcosa di
nuovo è successo, decine e decine di
amministrazioni Comunali hanno adottato sulla raccolta dei funghi, delibere e
ordinanze Sindacali sostituendosi al vuoto legislativo della Regione Autonoma
della Sardegna. Delibere e ordinanze sindacali a volte mirate alla salvaguardia
del territorio attraverso la regolamentazione della presenza dei raccoglitori
di funghi. Altre volte mirate esclusivamente a fare un pò di cassa o a
privilegiare nella raccolta i residenti nel comune il cui territorio è oggetto
di raccolta.
Naturalmente i sindaci e le amministrazioni
comunali, non potendo dare direttive regionale sul merito, non possono
influenzare le scelte dei raccoglitori. Questi ultimi possono tranquillamente
continuare a prelevare di tutto: specie rare e a rischio di estinzione e specie
tossiche. Primordi che non hanno ancora maturato le spore e specie ormai
vecchie buone solo per la riproduzione e non per il consumo alimentare. Tutto
questo senza nessuna regola e nessun controllo. Anche per questo, in Sardegna
registriamo percentuali di avvelenamento di gran lunga superiori a tutte le
altre regioni italiane.
Fatta questa premessa, posso tentare di dare una risposta a chi ci chiede cosa vogliamo.
Niente di speciale e niente di impossibile.
Vogliamo che anche in Sardegna esistano
leggi e strumenti che ci consentano di agire nella tutela delle essenze
botaniche endemiche e rare, delle orchidee spontanee, dei funghi epigei ed ipogei
spontanei e vogliamo perciò che chi governa la Regione Autonoma della Sardegna
doti la nostra Regione di leggi e regolamenti su tali specifici argomenti.
Nel recente passato ciò non è avvenuto
nonostante l’impegno di singole associazioni, amministrazioni e anche di
isolati consiglieri regionali.
Perciò riteniamo che, senza un vasto movimento comprendente
associazioni ambientalistiche, micologiche, Sindaci e amministrazioni comunali,
Associazioni locali (pro loco), associazioni varie e
singole persone di buona volontà che abbiano a cuore la salvaguardia
dell’ambiente, il Consiglio regionale spontaneamente non approverà mai le leggi
e i regolamenti in questione.
Ecco, noi proponiamo questo
spazio come punto di
aggregazione di tutti coloro che hanno voglia, impegnando
anche solo una piccola parte del loro tempo, di battersi con noi affinchè cio avvenga.
Bellium bellioides L.
Salviamo i funghi le piante e i fiori della Sardegna
Aiutare le associazioni, i naturalisti, gli appassionati alla creazione di un movimento che si mobiliti in Sardegna per costringere la classe politica regionale ad approvare leggi e regolamenti per la tutela dei funghi, delle piante e dei fiori con particolare riferimento agli endemismi e alle orchidee spontanee a forte rischio di estinzione.
Questo è lo scopo di questo blog.
Non so quanto tempo riuscirò a dedicarvi e non so se gli amici e le associazioni con cui sono in contatto mi daranno un aiuto con interventi e suggerimenti. In ogni caso queste pagine sono a loro disposizione.
Aquilegia nugorensis Arrigoni e E. Nardi
Mycena arcangeliana Bres.
Ophrys x laconensis Scrugli et Grasso
Questo è lo scopo di questo blog.
Non so quanto tempo riuscirò a dedicarvi e non so se gli amici e le associazioni con cui sono in contatto mi daranno un aiuto con interventi e suggerimenti. In ogni caso queste pagine sono a loro disposizione.
Aquilegia nugorensis Arrigoni e E. Nardi
Mycena arcangeliana Bres.
Ophrys x laconensis Scrugli et Grasso
Iscriviti a:
Post (Atom)