giovedì 30 agosto 2012

Tuvara, ovvero Agaricus , Erica, Terfezia ......


Voglio tornare sull’argomento dei nomi dei funghi e della necessità da parte di tutti dell’uso del nome scientifico:  Genere specie, adottati anche in micologia.

Lo voglio fare con il racconto di una discussione avvenuta qualche tempo fa in una radura di un bosco nei monti di Desulo.

Con alcuni amici, armati di fotocamera digitale e di cestino, organizzammo un’escursione micologica nei boschi misti di castagno, leccio e roverella siti alle pendici del Gennargentu.

Dopo diverse ore di cammino, con molte foto nella scheda e pochi funghi nel cestino, decidemmo di fermarci vicino a una sorgente cercando un po’ di riposo e un po’ di refrigerio.

Sopraggiunsero alcuni ragazzi desulesi e parlando del più e del meno iniziò un discussione sui funghi che cerco di ricostruire.

Uno dei ragazzi di Desulo ci chiede se eravamo a funghi e se avevamo controllato la tuvara perché diceva, aveva saputo da amici che solo la tuvara in quei giorni dava soddisfazioni.

Giuseppe, un amico del mio gruppo, fu il primo a rispondere dicendogli che era vero, che in quei giorni la tuvara era spuntata abbondante, ma non in quei posti, - non era il bosco l’ambiente adatto ma il pascolo, anche brullo, e molto più in basso come altezza - (lì eravamo a quota 1200 m).

Trovandomi coinvolto non potevo evitare di entrare nella discussione.

 Sulle tuvare, dissi che secondo me nessuno dei due aveva ragione, perché era vero che l’habitat e l’altezza non erano adatte ma soprattutto non era adatta la stagione, eravamo in autunno ed era risaputo che la tuvara è un fungo primaverile.

 Insomma una brutta discussione dove tra gli interventi non si riusciva a trovare un filo logico.

Cercai di venire a capo della discussione.

Giuseppe, il mio amico pur non essendo un grande esperto, era comunque uno che di funghi ne sapeva.

Ne sapeva cercare e trovare e per molte specie ne conosceva anche il nome scientifico.

A lui mi rivolsi per primo: -“ mi vuoi dire qual è il nome scientifico della tua tuvara?”- risposta:“non so la specie ma è risaputo che la tuvara è un prataiolo, quindi il genere è Agaricus”.

A quelle parole il ragazzo desulese con un sorriso dice: ”ma io non stavo parlando di tuvara fungo ma di tuvara pianta cioè dell’Erica”.

Ecco, parlava dell’Erica arborea che a Desulo e dintorni è chiamata tuvara e in mezzo alla macchia ad Erica spesso è possibile trovare bellissimi Boletus aestivalis.

A quel punto, anch’io non potei fare a meno di informarli che parlavo di tuvara intendendo un fungo ipogeo del genere Terfezia (Terfezia leonis, Terfezia leptoderma etc.) che viene chiamato tuvara in tutte le zone di crescita.

Risolto l’arcano.

Parlando di tuvara, parlavamo di tre cose diverse.

Eravamo un gruppetto di sei persone, immaginatevi se fossimo stati in cinquanta e provenienti da altre sparse zone della Sardegna: avremmo scoperto molte altre tuvare.




Agaricus spissicaulis (la tuvara di molte parti dell’isola)



Erica arborea (la tuvara di Desulo e dintorni)



Terfezia leonis (la tuvara dell’oristanese)

martedì 28 agosto 2012

Flora sarda da proteggere: Centaurea horrida

Centaurea horrida è un rarissimo endemismo sardo, presente solo in pochissimi siti costieri dell'isola dell'Asinara, della Nurra e dell'isola di Tavolara.
Considerata un "fossile vivente", e comparsa sul nostro pianeta circa 30 milioni di anni fa.




 Isola dell'Asinara - Cala di la navi 

Centaurea horrida












sabato 25 agosto 2012

I cronisti della stampa sarda e il “porcino reale”



“Nomina si nescis, perit et cognitio rerum”
Se non conosci il nome delle cose,
se ne perde anche la conoscenza.
 C. N. Linnaeus, Philosophia botanica (1751) 






Capita troppo spesso di incontrare nella stampa sarda articoli sui funghi che contengono informazioni grossolanamente errate sui nomi  dei funghi che inducono i lettori, che poi quasi sempre sono cercatori e consumatori,  a commettere errori.

Nella nostra Regione, ad esempio, da parte di molti cronisti dei quotidiani isolani c’è la consuetudine di pubblicare notizie di ritrovamenti di funghi di notevoli dimensioni e peso. Dalle foto che accompagnano gli articoli, si può desumere che spesso si tratta di basidiomiceti appartenenti al genere Boletus.

Nulla di male, anzi a molti di noi fa piacere vedere pubblicate notizie di questo genere piuttosto che altre di cronaca nera.

E allora qual è il problema? Beh il problema, se così lo possiamo definire è che a nostro parere tali cronisti sbagliano a dare tutte le volte al fungo ritrovato il nome di “porcino reale”.

Dalle foto che accompagnano gli articoli, tra l’altro non sempre chiare, ho potuto dedurre che questo fantomatico “porcino reale” è di volta in volta un fungo di specie differente appartenente alle sezione Edules del genere Boletus; mai ho visto negli articoli la foto dell’unico  basidioma  del  genere Boletus che abbia davvero attinenza con la parola “re” dalla quale deriva poi l’epiteto “reale”: tale fungo è Boletus regius che appartiene  alla sezione  Appendiculati  i cui funghi sono considerati dal punto di vista culinario (ma qui naturalmente la questione si fa del tutto soggettiva)  un gradino inferiori rispetto a quelli della  sezione Edules.

Dal momento che i Boletus della sezione Edules presenti in Sardegna sono tre (Boletus aereus,  Boletus aestivalis e Boletus edulis) credo che non sia così poi complicato o dispendioso per un cronista avere a disposizione un semplice e divulgativo testo sui funghi anche di tipo generalista, cosa che gli consentirebbe di dare al fungo in questione il giusto nome. E se proprio non può o non vuole spendere in libreria la modica cifra di 15 Euro per acquistare ad esempio “Tuttofunghi” testo di riferimento di A.M.I.N.T. (Associazione Micologica Italiana Naturalistica Telematica), può sempre collegarsi gratis a uno dei molti siti micologici su internet e avere tutte le informazioni scientifiche del caso.

Tra l’altro questa consuetudine di chiamare i basidiomiceti del genere Boletus “porcino reale” sta portando a pericolose generalizzazioni. E’ successo anche a me di incontrare nel bosco un signore che mostrandomi la sua raccolta dentro una bustina di plastica, affermava di avere raccolto solo “porcini reali”: dentro la busta ho contato quattro differenti specie di Boletus tre delle quali tossiche o non commestibili.

Ecco che torna utile allora le citazione di Carl Nilsson Linnaeus  che ho messo all’inizio di queste righe. Chi se non il giornalista, sia esso della carta stampata o di altro tipo di mezzo di comunicazione, può avere un ruolo anche didattico: quello di far conoscere un elemento della natura a cominciare dal nome corretto. Tale nome non può che essere il binomio scientifico inventato da Linneo, appunto,  col nome del genere e in sequenza quello della specie.


Ecco gli esemplari delle specie trattate:



Boletus  aereus


Boletus edulis





 Boletus aestivalis




Boletus regius

giovedì 23 agosto 2012

Nazim Hikmeth - Il più bello dei mari

Nazim Hikmet (Salonicco 1902 - Mosca 1963)
 
(è considerato uno dei più importanti poeti turchi - le sue poesie sono tradotte da Joyce Lussu)




Il più bello dei mari
è quello che non navigammo.
Il più bello dei nostri figli
non è ancora cresciuto.
I più belli dei nostri giorni
non li abbiamo ancora vissuti.
E quello
che vorrei dirti di più bello
non te l'ho ancora detto.

La torre di Babele

 
Pieter Bruegel il Vecchio  -  La Torre di Babele
(1563 - Kunsthistorisches Museum di Vienna, Olio su tavola 114 x 155 cm)

lunedì 20 agosto 2012

I funghi sardi del genere Terfezia - Tuvara in sardo



Terfezia leonis - (Tuvara 'e arena)


Un vecchio amico la scorsa primavera è stato in vacanza in Marocco ed è rimasto sorpreso quando visitando la medina di Rabat si è trovato di fronte ad  una montagna di patate che l’accompagnatore arabo gli diceva essere tartufi. Con un Sms mi ha inviato una foto: erano davvero tartufi, o meglio erano quelli che vengono chiamati “tartufi delle sabbie”, ascomiceti che nascono sotto terra/sabbia (ipogei), appartenenti al genere Terfezia.

Proprio l’anno scorso, ho approfondito molto l’argomento con studi bibliografici e pratici recandomi assieme al mio carissimo amico Umberto Sanna, col quale tentiamo di tenere in piedi il Comitato Scientifico dell’A.M.O. (Associazione Micologica Oristanese) e ad un bravissimo cercatore di Palmas Arborea: Enrico Contu, nei pochissimi spazi di crescita di questo ricercatissimo fungo.

Per quello che ho potuto constatare, in Italia, solo la Sardegna,  in particolare nella striscia litoranea intorno alla città di Oristano, vanta una storia millenaria nella ricerca e nell'uso ai fini alimentari della Terfezia e solo in queste zone le varie specie di questo fungo ipogeo hanno assunto una denominazione dialettale; molto comuni sono invece in diverse regioni dei Paesi del Nord Africa (Marocco, Tunisia, Algeria), del Medio Oriente (Siria, Giordania, Turchia), nei Paesi del Golfo Persico), della Penisola Iberica e delle isole e arcipelaghi spagnoli e portoghesi (Baleari, Canarie, Azzorre etc.).


L'habitat

La Terfezia (Tuvara in sardo) si sviluppa nelle zone sabbiose vicine alla costa e vive in rapporto micorrizico con alcune piantine della famiglia delle Cistaceae del genere Helianthemum, in particolare con Helianthemum guttatum, Helianthemum aegyptiacum e Helianthemum guttatum var. plantagineum.



Terreno tipico di crescita 





 Helianthemum guttatum


Periodo di crescita

Dal momento che tutte le Terfezie hanno uno stretto legame di simbiosi micorrizica con Helianthemum, è naturale che crescano in primavera quando la piantina simbionte si sviluppa e fiorisce ed è in grado di interagire vitalmente col fungo.



Helianthemum guttatum - fioritura in Primavera 


Le specie

Quelle presenti nel territorio dell’Oristanese (da Uras/Mogoro a Cuglieri/Santa Caterina) trovate in bibliografia, sono sei: io ho avuto la possibilità di trovarne e documentarne quattro:
Terfezia leonis (Tuvara ‘e arena)
Terfezia leptoderma (Tuvara leporina)
Terfezia olbiensis (Tuvara orxiai)
Terfezia gennadii = Tuber gennadii (Tuvara ‘e casu)

Ecco le foto:



Terfezia leonis (Tuvara ‘e arena)



Terfezia leptoderma (Tuvara leporina)



Terfezia gennadii = Tuber gennadii (Tuvara ‘e casu)



Terfezia olbiensis (Tuvara orxiai)


Le due che mi mancano sono Terfezia claveryi (Tuvara niedda) e Terfezia boudieri (Tuvara arrubia)


Come si raccolgono

Premetto subito che contrariamente a ciò che avviene per i tartufi (genere Tuber), dove il ruolo principale è riservato ai cani ben addestrati, nella raccolta della Terfezia, il ruolo dei cani è nullo.
Ciò è dovuto al fatto che i cani lavorano con l’olfatto e sono abituati a percepire i forti odori emanati dai tartufi, mentre le Terfezie non hanno quegli odori, o li hanno talmente tenui che i cani non li percepiscono.

Lo scorso Aprile abbiamo fatto una prova con Pinuccio Pisu (che non ha bisogno di presentazioni, tutti voi, o quasi, lo conoscete) e con i suoi migliori cani da tartufo: Luna e Briciola (altrettanto conosciuti). Dopo una passeggiata di chilometri sotto il sole, siamo tornati indietro a mani vuote, nessuna Terfezia nel paniere.

I cercatori dell’oristanese, hanno perciò sviluppato negli anni, per non dire nei millenni, sistemi di ricerca efficacissimi.

Il loro attrezzo comune è un particolare bastone lungo circa 130 cm, 




che ha alle estremità i ferri del mestiere: da una parte uno spillone di circa 15/20 cm 



e dall’altra una sorta di paletta.


Il cercatore, camminando in mezzo alle piantine di Helianthemum, sonda il terreno con lo spillone infilandolo nella sabbia per qualche centimetro. Il contatto del metallo col substrato, trasmette alle mani vibrazioni e diffonde nell’aria suoni diversi a seconda della compattezza dei granelli.




Enrico Contu al lavoro col suo prezioso bastone


Ecco, l’esperto cercatore riconosce dalle vibrazioni e dai suoni la presenza o meno dei funghi.



Io ci ho provato, Enrico ogni tanto mi metteva in mano il bastone, io tentavo di carpire qualche segnale, senza esito.

Una volta individuata la Terfezia (che di norma si trova a circa 10 cm di profondità),  il cercatore usa l’altra estremità, quella con la paletta e con mano esperta cava la Terfezia fuori dal terreno.





Commestibilità

Le specie che ho documentato sono tutte commestibili e  molto apprezzate nell’oristanese. 

venerdì 10 agosto 2012

Tartufi sardi, questi sconosciuti

Vi sarà successo come è successo a me di sentire certe persone molto intelligenti e molto bene informate, che di fronte ad un interlocutore che parlava di cose inverosimili se non palesemente inesistenti , se ne uscivano con la frase ”si, come i tartufi sardi”, facendo comprendere all’interlocutore che  i  tartufi  sardi sono un miraggio, una cosa che non esiste.

Mi è altresì capitato di sentire in  Tv, in una seguitissima trasmissione di telequiz una simpatica e sveglia signora nostra conterranea, che affermava con assoluta sicurezza che in Sardegna i tartufi non nascevano.

Non credo che bisogna essere degli esperti  biologi per fare dei ragionamenti che ci aiutino ad evitare di fare sull’argomento affermazioni  errate con la presunzione di essere nel giusto. Se ragioniamo ad esempio sull’habitat dei tartufi “continentali” ci possiamo tranquillamente rendere conto che lo stesso habitat lo troviamo in estese zone dell’isola. Stessa vegetazione, stesso clima, spesso anche stessa piovosità. Quindi se ci sono le stesse condizioni uno può ragionare sul fatto che possono nascere anche le stesse specie naturali.
In effetti è così, anzi è anche meglio. In Sardegna nascono tutte o quasi, le specie di tartufo che nascono in Europa. Concentrate in un’unica regione e per quanto riguarda le specie commestibili, con il pregio di avere profumi e gusto eccezionali.

Ma cosa sono i tartufi?
Sono funghi  ascomiceti del genere Tuber. Il loro intenso profumo è dovuto al sistema che hanno scelto per perpetuare la loro riproduzione. Infatti, mentre i funghi che nascono sopra terra (epigei), disperdono le spore nel  terreno grazie all’azione del vento e della pioggia, quelli che nascono sotto terra (ipogei), devono trovare qualcuno che lo faccia per loro. Quando le spore sono mature, sprigionano un forte odore che attira insetti e mammiferi che cibandosi del tartufo provvedono alla dispersione delle spore.

Ecco, il forte odore assieme alle quasi sempre ottime qualità organolettiche, hanno fatto la fortuna culinaria di questo fungo.
Aggiungiamoci anche qualcos’altro: si dice che tartufi svolgano un forte stimolo afrodisiaco. Questa convinzione viene da lontano, la sua origine risale al filosofo greco Plutarco di Cheronea, che spiegava  che i tartufi traevano origine da un fulmine scagliato da Giove, padre di tutti gli Dèi,  nelle vicinanze di una quercia. Ne consegue che dal momento che Giove era noto per la sua prodigiosa attività sessuale, una sua creazione: il tartufo, doveva per forza avere eccezionali qualità afrodisiache.

Bene, sommiamole queste qualità: il forte odore,  l’eccezionale gusto, la valenza afrodisiaca. In questo modo ci possiamo rendere conto del perché tutti gli anni il magnate cinese Stanley Ho, è disposto a spendere per un unico fungo, somme che vanno dai 200 ai 300 mila dollari.


Tuber melanosporum del Sarcidano




Tuber aestivum dell'Ogliastra

domenica 5 agosto 2012

Quali tutele abbiamo in Sardegna?


Le orchidee e in generale le essenze botaniche endemiche e non

esistono a livello Internazionale norme e convenzioni accolte e adottate anche dallo stato italiano:
-   C.I.T.E.S. -  Convenzione di Washington sul commercio internazionale delle specie di fauna e flora selvatiche minacciate di estinzione
-   Direttiva Habitat CEE  relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche.

Quasi tutte le regioni italiane hanno approvato leggi e regolamenti atti a proteggere le specie a maggiore rischio, la regione Sardegna non è tra queste.

Ecco perché in Sardegna può succedere di vedere:
-   “signori” che magari arrivano dall’estero che prelevano (rubano) specie endemiche e/o rare
-   signori e signore che prelevano mazzolini delle stesse specie
-   imprese che nei luoghi dove quelle specie crescono e si dovrebbero riprodurre, usano diserbanti distruggendole

e di non vedere:
-   proteggere le specie a forte rischi di estinzione in quanto sono presenti solo pochissimi esemplari.


I Funghi spontanei epigei ed ipogei

esiste in Italia una legge quadro che è la Legge 23 agosto 1993, n. 352.
A partire da tale data, tutte le regioni che non avevano ancora una normativa regionale hanno leggiferato sulla materia e si sono dotate di strumenti idonei.Tutte le regioni esclusa una: la Sardegna.

Puntualmente, a inizio legislatura, vari gruppi politici, spontaneamente, o con lo  stimolo di associazioni, sindaci o intere amministrazioni comunali, presentano proposte di legge sul tema. Ma sempre puntualmente, la legislatura trascorre senza che neanche una di tali proposte venga portata alla discussione in Consiglio Regionale.
 
Negli ultimi anni, però, qualcosa di nuovo è successo,  decine e decine di amministrazioni Comunali hanno adottato sulla raccolta dei funghi, delibere e ordinanze Sindacali sostituendosi al vuoto legislativo della Regione Autonoma della Sardegna. Delibere e ordinanze sindacali a volte mirate alla salvaguardia del territorio attraverso la regolamentazione della presenza dei raccoglitori di funghi. Altre volte mirate esclusivamente a fare un pò di cassa o a privilegiare nella raccolta i residenti nel comune il cui territorio è oggetto di raccolta.
 
Naturalmente i sindaci e le amministrazioni comunali, non potendo dare direttive regionale sul merito, non possono influenzare le scelte dei raccoglitori. Questi ultimi possono tranquillamente continuare a prelevare di tutto: specie rare e a rischio di estinzione e specie tossiche. Primordi che non hanno ancora maturato le spore e specie ormai vecchie buone solo per la riproduzione e non per il consumo alimentare. Tutto questo senza nessuna regola e nessun controllo. Anche per questo, in Sardegna registriamo percentuali di avvelenamento di gran lunga superiori a tutte le altre regioni italiane.
 

Fatta questa premessa, posso tentare di dare una risposta a chi ci chiede cosa vogliamo.

Niente di speciale e niente di impossibile.
Vogliamo che anche in Sardegna esistano leggi e strumenti che ci consentano di agire nella tutela delle essenze botaniche endemiche e rare, delle orchidee spontanee, dei funghi epigei ed ipogei spontanei e vogliamo perciò che chi governa la Regione Autonoma della Sardegna doti la nostra Regione di leggi e regolamenti su tali specifici argomenti.
 
Nel recente passato ciò non è avvenuto nonostante l’impegno di singole associazioni, amministrazioni e anche di isolati consiglieri regionali.
 
Perciò riteniamo che,  senza un vasto movimento comprendente associazioni ambientalistiche, micologiche, Sindaci e amministrazioni comunali, Associazioni locali (pro loco), associazioni varie e singole persone di buona volontà che abbiano a cuore la salvaguardia dell’ambiente, il Consiglio regionale spontaneamente non approverà mai le leggi e i regolamenti in questione.
 
Ecco, noi proponiamo questo spazio come punto di
aggregazione di tutti coloro che hanno voglia, impegnando anche solo una piccola parte del loro tempo, di battersi con noi affinchè cio avvenga.

 



Bellium bellioides L.

Salviamo i funghi le piante e i fiori della Sardegna

Aiutare le associazioni, i naturalisti, gli appassionati alla creazione di un movimento che si mobiliti in Sardegna per costringere la classe politica regionale ad approvare leggi e regolamenti per la tutela dei funghi, delle piante e dei fiori con particolare riferimento agli endemismi e alle orchidee spontanee a forte rischio di estinzione.

Questo è lo scopo di questo blog. 

Non so quanto tempo riuscirò a dedicarvi e non so se gli amici e le associazioni con cui sono in contatto mi daranno un aiuto con interventi e suggerimenti. In ogni caso queste pagine sono a loro disposizione.




Aquilegia nugorensis  Arrigoni e E. Nardi




Mycena arcangeliana Bres.



Ophrys x laconensis Scrugli et Grasso