venerdì 23 agosto 2019

Amazonas/Brasil - Austu 2019

Frantziscu Sotgiu Melis Pes









Amazonas/Brasil - Austu 2019



Su prumone 'e su mundu in agonizu
dies malas de fogu.
Una orta ancora s'omine
s'iscudet su piccu a pes
currinde lestru,
cara a s'ora 'e sa fine.
Siberia in fumu.
Groenlandia in fumu.
Canarias ispaniolas in fumu.
E como, torra s'Amazonia.
E s'omine?
B'at unu bolsonaro
chi ballat subra su fogu 'e sa foresta
comente Nerone sonaiat s'arpa
cando brusiaiat Roma.
Issu, cane 'e isterzu, pibera belenosa
ballat subra 's'incrasa de su mundu
chi onzi die s'accurzat.
Batzinu pudidu,
buzinu malaittu,

 mortore de su populu.





Il polmone del mondo in agonia
cattivi giorni di fuoco.
Una volta ancora l'uomo
si da picconate sui piedi
correndo veloce,
verso l'ora della fine.
Siberia in fumo.
Groenlandia in fumo.
Canarie in Spagna in fumo.
E ora, di nuovo l'Amazzonia.
E l'uomo?
C'è un bolsonaro
che balla sul fuoco della foresta
come nerone suonava l'arpa
quando bruciava Roma.
Lui, cane ingordo, serpe velenosa
balla sul futuro del mondo
che ogni giorno s'accorcia.
Vaso da notte puzzolente,
boia maledetto,
assassino del popolo.





















domenica 4 agosto 2019

Como (Adesso)

Frantziscu Sotgiu Melis Pes









Adesso
Adesso qui o in qualche altro mondo
Adesso suonando launeddas nel nuraghe di Iloi
Adesso con  Jacques-Yves Cousteau nel Challenger Deep
Adesso nel ghiacciaio di Similaun
Adesso con Buzz Aldrin nel mare della tranquillità
Adesso vicino ai raggi B che balenano nel buio vicino alle porte di Tannhäuser
Adesso con l'uomo di Pechino nella grotta di Zhou Kou Dian
Adesso con un poeta sardo nato nell'anno 2151
Adesso con lui facciamo poesie ricordi di Omero e di Rimbaud e di Raimondo Piras





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venerdì 2 agosto 2019

Rimas fàtziles - Rime facili



Eh si, d'estate se non sei al mare o in montagna, quella vera però, alta, fresca, umida, fungosa e orchidosa,ti può succedere di recuperare dall'archivio un foto scattata in una di quelle montagne, di metterti a rimare in limba sarda e poi mettere assieme le due cose. con questo risultato.
A proposito le cime sullo sfondo sono del Sassolungo visto dal Pordoi (Dolomiti) e il fiore in primo piano e il bellissimo Giglio martagone (Lilium martagon Linnaeus).




sabato 29 giugno 2019

La paura globale (El miedo global)


di Eduardo Galeano


Eduardo Galeano (Montevideo 1940 - 2015)


Quelli che lavorano hanno paura di perdere il lavoro.
E quelli che non lavorano hanno paura di non trovare mai lavoro.
Chi non ha paura della fame, ha paura del cibo.
Gli automobilisti hanno paura di camminare e i pedoni
hanno paura di essere investiti.
La democrazia ha paura di ricordare e il linguaggio ha paura di dire.
I civili hanno paura dei militari. I militari hanno paura
della mancanza di armi.
Le armi hanno paura della mancanza di guerra.
È il tempo della paura.
Paura della donna per la violenza dell'uomo e  paura dell'uomo
 della donna senza paura.
Paura dei ladri e paura della polizia.
Paura della porta senza serratura.
Del tempo senza orologi.
Del bambino senza televisione.
Paura della notte senza pillole per dormire e paura del giorno senza pillole per svegliarsi.
Paura della solitudine e paura della moltitudine.
Paura di quel che è stato.
Paura di quel che sarà.
Paura di morire.
Paura di vivere.

***

Los que trabajan tienen miedo de perder el trabajo.
Y los que no trabajan tienen miedo de no encontrar nunca trabajo.
Quien no tiene miedo al hambre, tiene miedo a la comida.
Los automovilistas tienen miedo a caminar y los peatones
tienen miedo de ser atropellados.
La democracia tiene miedo de recordar y el lenguaje tiene miedo de decir.
Los civiles tienen miedo a los militares. Los militares tienen miedo
 a la falta de armas.
Las armas tienen miedo a la falta de guerra.
Es el tiempo del miedo.
Miedo de la mujer a la violencia del hombre y miedo del hombre
a la mujer sin miedo.
Miedo a los ladrones y miedo a la policía.
Miedo a la puerta sin cerradura.
Al tiempo sin relojes.
Al niño sin televisión.
Miedo a la noche sin pastillas para dormir y a la mañana sin pastillas para despertar.
Miedo a la soledad y miedo a la multitud.
Miedo a lo que fue.
Miedo a lo que será.
Miedo de morir.
Miedo de vivir.

lunedì 3 giugno 2019

Cappuccio Rosso - Ayşe Deniz Karacagil

di Franco Sotgiu (Fotografie da internet)









Istanbul Maggio - Agosto 2013 
Gezi Park proteste in Turchia


L'anno 2013 nei 3 mesi che vanno dal 28 Maggio al 30 Agosto, in Turchia si svolsero una serie di manifestazioni contro il governo presieduto da Recep Tayyip Erdogăn capo del partito islamico turco AKP (Partito per la Giustizia e lo Sviluppo). Il suo governo ha iniziato nel 2011 ad imporre in Turchia restrizioni alla libertà di stampa, di parola, dell'uso di internet, dei contenuti delle Tv, di riunione. Ha vietato il consumo di alcol e l'aborto. Ha reintrodotto il reato di blasfemia e ha riformato i programmi delle scuole pubbliche mettendo in primo piano i principi islamici.
Il governo Erdogăn si caratterizza per il suo totale disprezzo nei confronti della natura e dell'ambiente. Nella parte turca del Mar Nero vengono create discariche di rifiuti, centrali nucleari, autostrade, fabbriche fortemente inquinanti, dighe e sbarramenti nei corsi d'acqua che stravolgono gli equilibri naturali. In quella situazione, attivisti e giovani si mobilitano e iniziano una serie di proteste invitando la popolazione alla ribellione.
C'è anche il progetto governativo dell'eliminazione di uno dei pochissimi spazi di verde presenti nella parte europea di Istanbul: il parco Gezi. Al suo posto si vuole riedificare una copia in stile ottomano della caserma militare Taksim, demolita nel 1940, questa volta non come caserma ma come ulteriore regalo agli affaristi amici dell' AKP: al piano terra della costruzione un grande centro commerciale e ai piani alti appartamenti di lusso per gli amici degli amici.

Gezi Park - Istanbul

Il 28 maggio 2013 un gruppo di ambientalisti monta tra gli alberi del parco delle tende da campeggio con l'obiettivo di impedire alle ruspe il lavoro di distruzione del verde. 

Gezi Park - Tende contro le ruspe


Due giorni dopo la polizia interviene in forze tentando lo sgombero. Ma il tentativo fallisce perché molti altri cittadini dei quartieri si recano nel parco installando altre tende e fronteggiando pacificamente la polizia. 
Il 31 maggio le forze di polizia in tenuta antisommossa attaccano i manifestanti assolutamente pacifici, usando i gas lacrimogeni e i TOMA (camion con idranti), aggiungendo all'acqua urticanti chimici, utilizzando massicciamente spray al peperoncino e sparando proiettili di gomma. 60 manifestanti vengono arrestati e centinaia di altri vengono feriti, alcuni gravemente.

Maggio 2013 Gezi Park - la polizia usa spray al peperoncino


Maggio 2013 Gezi Park - la polizia usa spray al peperoncino


Maggio 2013 - TOMA all'opera - all'acqua hanno aggiunto urticanti chimici


Le immagini dell'attacco iniziano a circolare in internet provocando l'indignazione di molta parte della popolazione in tutta la Turchia, migliaia di abitanti di Istanbul raggiungono i manifestanti che ora oltre a Gezi Park occupano anche le adiacenti viale dell'Indipendenza e piazza Taksim. Iniziano le manifestazioni in tutto il resto della Turchia ad Ankara, Antalya, Smirne, Antakia,

La polizia interviene brutalmente in tutto il Paese e alla fine della protesta si contano 11 morti, più di 8.000 feriti, vengono arrestate più di 1.000 persone tra le quali anche medici, soccorritori e avvocati che assistevano i dimostranti.

Istanbul 2013 - manifestanti a Gezi park e piazza Taksim  


Istambul 2013 - Piazza Taksim attacco della polizia



Ayşe Deniz Karacagil

In prima fila tra le decine di migliaia di ragazzi e ragazze che in quei giorni parteciparono alle proteste, c'era una ragazza turca di vent'anni. Una ragazza coraggiosa e piena di vita che combatteva per salvare quegli alberi centenari che un governo corrotto voleva abbattere consegnando il parco alla speculazione. Ma combatteva con generosità anche per tentare di cambiare le sorti della sua gente e per chiedere la libertà per il popolo curdo, per liberarlo dalle angherie del regime di  Erdogăn.

AyşDeniz Karacagil nei giorni della protesta a Gezi Park


Quella ventenne si chiamava Ayşe Deniz Karacagil ma già da quei giorni di lotta per le strade di Istanbul iniziarono a chiamarla "Kirmizi fularli" Cappuccio rosso, per via di una sciarpa rossa che teneva al collo durante le manifestazioni. Fu arrestata e imputata di danneggiamento della cosa pubblica, tipica accusa contro i manifestanti quando la polizia non ha altri argomenti.
Ma Ayşe venne imputata, cosa ben più grave, anche di terrorismo. I pubblici ministeri non disponendo di accuse serie per tenerla in prigione, sostennero che nelle foto in loro possesso, scattate dai poliziotti, Ayşe  aveva intorno al collo una sciarpa rossa, rossa come il colore simbolo del socialismo e siccome quel colore era il colore del MLKP (Partito Comunista Marxista-Leninista) dichiarato illegale dal regime perché solidarizzava con l'YPG Unità di Protezione Popolare, in curdo "Yekîneyên Parastina Gel".
Di conseguenza, secondo i PM, la ragazza era militante di una organizzazione terroristica. A poco servirono le difese della ragazza che sostenne di avere indossato la sciarpa per difendersi dai gas lacrimogeni e dallo spray al peperoncino.
La tennero in detenzione senza processo per 5 mesi in un carcere a Antalya, città dove era nata e la rilasciarono per presentarsi in tribunale per il dibattimento. 



In quei giorni venne intervistata in Tv dal canale CNN Türk in prima serata aumentando considerevolmente  la sua popolarità. Alla fine del processo venne condannata a 103 anni di prigione e spedita solitaria e isolata in un carcere a 100 Km dalla sua città, lontana da CNN e giornali. Sbattuta in una cella comune insieme a tredici detenute curde condannate all'ergastolo per appartenenza al PKK, il partito dei lavoratori del Kurdistan considerato terrorista dal regime. Il personale del penitenziario la considerava una detenuta esterna e in quanto tale le negava le cose più elementari per la vita in cella. Nella notte, senza lenzuola e coperte, il freddo intenso la faceva tremare e una detenuta curda tagliò in due l'unica coperta che aveva per permettergli di coprirsi. Fu in quell'ambiente di forte disagio e di discussione ideologica che la lotta dei curdi infiammò il suo romanticismo, in cella parlando con le detenute curde, prese coscienza della persecuzioni subite dalla minoranza curda in Turchia, uguale a quella subita dagli armeni il secolo scorso.
Nel Febbraio del 2014, dopo 9 mesi di prigione, un giudice ne ebbe pietà e la fece rilasciare con la condizione che restasse a disposizione dell'autorità giudiziaria presentandosi ogni tanto alle forze di polizia.
Ayşe non si presento mai più.
Il 20 Maggio del 2014, la madre compiva gli anni. Cappuccio rosso le mandò una lettera nella quale raccontava la triste vita dei curdi e delle persecuzioni che subivano, "bisogna abbattere i muri invisibili tra turchi e curdi" scrisse. Era cresciuta in una bellissima città: Antalya (Adalia), una scogliera nel Mediterraneo color turchese circondata dalle montagne e scelse di scappare sulle montagne del Kurdistan e unirsi alla brigata delle donne curde combattenti al fianco delle Unità di protezione popolare (YPG). Per moltissimi giovani turchi ed europei, Cappuccio Rosso divenne il simbolo delle ribellione e della vittoria degli ideali, ma concretamente rappresentò anche l'altruismo: una donna turca che si batteva coi curdi, i nemici del governo di Ankara.







Qualche mese di addestramento militare e Ayşe, integrata nelle file della brigata femminile dell'esercito popolare curdo ebbe il battesimo di fuoco a Kobane nel Kurdistan Siriano, vicina al confine con la Turchia  dove la popolazione resistette eroicamente all'avanzata dell'ISIS ricacciando indietro le forze dello stato islamico.
Dopo quella vittoria leggendaria, l'YPG continuò la battaglia in Siria contro Daesh al fianco delle Forze Democratiche Siriane.
Ci sono molte foto in internet che ritraggono Ayşe con la tuta mimetica e il kalashnikov in spalla, a volte con altre ragazze e a volte con combattenti dell'YPG, facce indurite da battaglie crudeli e sanguinose. Per i jihadisti dell'ISIS, quelle ragazze combattenti in particolare, rappresentavano il più grave affronto al loro fanatismo religioso.

Ayşe Deniz Karacagil cadde combattendo il 29 maggio del 2017, esattamente quattro anni da quel 29 maggio del 2013 che l'aveva fatta conoscere al mondo come Cappuccio Rosso di Gezi Park. Aveva 24 anni, una vita breve, ma piena di ideali.





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Hanno scritto di Ayşe in Italia:



Dacia Maraini il Corriere della Sera 2 giugno 2017



Zerocalcare 








Roberto Vecchioni - Cappuccio Rosso Album l'infinito 2018 per sentirla e per il testo:







mercoledì 27 febbraio 2019

Lettera al signor Futuro


di Eduardo Galeano




Spettabile signor Futuro
Con la mia maggiore considerazione:


le scrivo questa lettera per chiederle un favore. Ho la speranza che saprà scusare il disturbo.

No, non si spaventi, non è che voglio incontrarla. Lei deve essere un signore molto impegnato, ci saranno così tante persone che vorranno avere il piacere, ma io no. Quando qualche zingara mi prende la mano, per leggere il futuro, scappo correndo alla disperata prima che possa commettere tale crudeltà.

E ciò nonostante, misterioso signore, lei è la promessa che i nostri passi proseguano inseguendo un senso e un destino. Ed è questo mondo, questo e non un altro mondo, il luogo dove lei ci aspetta. A me, e ai molti altri che non credono negli dei che promettono altre vite nei lontanissimi hotel dell'Aldilà.

E qui sta il problema, signor Futuro. Stiamo perdendo il mondo. I violenti lo prendono a calci, come se fosse una palla. I signori della guerra ci giocano, come se fosse una bomba a mano; e quelli voraci lo spremono, come se fosse un limone. A questo ritmo, temo, prima o poi il mondo potrebbe non essere altro che un sasso morto che gira nello spazio, senza terra, senza acqua, senza aria e senza anima.

È di questo che si tratta, signor Futuro. Io le chiedo, noi le chiediamo di non farci sfrattare. Per restare, per essere, abbiamo bisogno che lei rimanga, che lei continui ad essere. Che lei ci aiuti a difendere la sua casa, che è la casa del tempo.

Faccia questo atto temerario, per favore. Per noi e per gli altri: gli altri che verranno domani, se mai avremo un domani.

Le porgo i più cordiali saluti,

Un terrestre


*****


Carta al señor Futuro
de Eduardo Galeano



Montevideo 5  de octubre 2004



Estimado señor Futuro, 

De mi mayor consideración: 

Le estoy escribiendo esta carta para pedirle un favor. Usted sabrá disculpar la molestia. 

No, no tema, no es que quiera conocerlo. Ha de ser usted un señor muy solicitado, habrá tanta gente que querrá tener el gusto, pero yo no. Cuando alguna gitana me atrapa la mano, para leerme el porvenir, salgo corriendo a la disparada antes de que ella pueda cometer semejante crueldad. 

Y sin embargo usted, misterioso señor, es la promesa que nuestros pasos persiguen queriendo sentido y destino. Y es este mundo, este mundo y no otro mundo, el lugar donde usted nos espera. A mí, y a los muchos que no creemos en los dioses que nos prometen otras vidas en los lejanísimos hoteles del Más Allá. 

Y ahí está el problema, señor Futuro. Nos estamos quedando sin mundo. Los violentos lo patean, como si fuera una pelota. Juegan con él los señores de la guerra, como si fuera una granada de mano; y los voraces lo exprimen, como si fuera un limón. A este paso, me temo, más temprano que tarde el mundo podría no ser más que una piedra muerta girando en el espacio, sin tierra, sin agua, sin aire y sin alma. 

De eso se trata, señor Futuro. Yo le pido, nosotros le pedimos, que no se deje desalojar. Para estar, para ser, necesitamos que usted siga estando, que usted siga siendo. Que usted nos ayude a defender su casa, que es la casa del tiempo. 

Háganos esa gauchada, por favor. A nosotros y a los otros: a los otros que vendrán después, si tenemos después.

Lo saluda atentamente,

Un terrestre 

mercoledì 2 gennaio 2019

Ammentos (2018) - Ricordi di un anno





I miei ricordi fotografici del 2018 appena trascorso riportati cronologicamente al loro esatto periodo. Un mese, una foto: quella che ho ritenuto più significativa. 
Sembra strano anche a me che per alcuni mesi la scelta sia stata controcorrente rispetto ai soggetti che in tali mesi preferivo rincorrere e fotografare. Intendo dire che ad esempio per Aprile e Maggio, che sono i mesi prediletti per le orchidee spontanee sarde, ho scelto invece le foto di alcuni uccelli. Così anche per i mesi autunnali: nonostante abbia trascorso gran parte del mio tempo a soddisfare la mia passione per la micologia, ho scelto solo una foto di un bellissimo fungo per il mese di Novembre.
Penso che alla fine però il risultato sia abbastanza dignitoso. 
Quello che però più mi importa è che tutti i mesi li ho trascorsi in mezzo alla natura o in posti dove la natura viene studiata, diffusa, difesa, amata. 
Auguro che anche questo 2019 sia così per me e per tutti i miei amici e le mie amiche che hanno le mie stesse passioni.





BENNARZU
Asio otus Linnaeus







FREARZU
Barlia robertiana (Loisel.) Greuter








MARTZU
Anacamptis papilionacea  subsp. grandiflora (Boiss.) Kreutz







ARBILE
Merops apiaster Linnaeus







MAJU
Anas platyrhynchos Linnaeus







LAMPADAS
Anacamptis pyramidalis (L.) Rich.







 TRIULAS 
Russula virescens (Schaeff.) Fr.








AUSTU 
Lilium martagon Linnaeus








CABUDANNI
Myocastor coypus Molina








SANTUAINE
Burhinus oedicnemus Linnaeus








SANT'ANDRIA
Gliophorus psittacinus (Schaeff, : Fr.) Herink







NADALE
Plegadis falcinellus Linnaeus